giovedì 19 aprile 2012

Canto II (per gli scherani stolti), da BORDER SONG, di Andrea Garbin (20/04/2012)



Stoicismo. Messa a fuoco della realtà, senza compromessi né sofismi letterari. Secchezza per confutare le verità.
Andrea parla con una voce sola, studia e interpreta le vicissitudini della storia in modo obiettivo; narratore esterno, biologicamente presente ma astratto nel coinvolgimento diretto. Le poesie di questa sua raccolta, “Canti di confine (Border songs)”, editor e traduttore Jack Hirschman, dimostra una grande attenzione verso la realtà dei fatti, strettamente legato e intrecciato all’ambiente fisico culturale che gli/ci respira attorno. Possiamo identificarla come poesia civile mettendola sul piano dell’azione morale, ma parlando di grammaticalità poetica e in termini di semiotica-linguistica, la sua poetica è racchiudibile in quella definita “poesia saggistica”. Il modo in cui i temi vengono trattati, le vicende che si narrano (il periodo berlusconiano [come la poesia che vi leggo], la Palestina, l’umanità dei kamikaze, i fatti di Brescia e dintorni, tutti trattati con fare accademico e cronologico), i neologismi tecnici (tipo: teledramma o nano cultura), le varie citazioni e i vari citati, riconducono il tutto verso una struttura professionale e mnemonica dei testi. Le lunghe note lo dimostrano. Parafrasando con esclamazione: Saggistica! Tecnicità poetica di carattere enciclopedico mescolato a teoremi mediatici politi e della comune quotidianità. E di denuncia. Tutto il libro, e ogni poesia, è un grande urlo di sdegno e umiliazione. Perorare è il verbo maestro che confuta e smaschera le falsità viste, udite, percepite ed evocate. […]
C’è molta rigidezza nel linguaggio (oltre il solito stile leopardiano, d’annunziano) che a mio parere rallenta e smonta la volizione delle immagini. Poca melodia e troppo accento accademico; troppe note e poca musica vocale. […] (Comunque) nella poesia di Andrea c’è quel mainstrem culturale italiano, radicato alla tradizione poetica-linguistica del nostro paese (la cinquina poetica: Montale/Quasimodo/Ungaretti/Leopardi/Pascoli), ma, nella dolcezza e nella pulizia di alcune metafore, si riscontra la capacità oncologica – molto sudamericana – di procrastinare e inscenare un’immagine con senso all’infinito, perpetuando stati d’umore vari e concentrici. Come, ad esempio, queste: “[…] le orecchie deformate nell’ascoltazione delle più diffuse falsità”; “[…] siamo qualche gatto che miagola in cerca di pesce perché hanno tolto un pezzo del nostro essere”.
Non c’è retorica alcuna. Questa alloggia nel calderone di nomi, citazioni, note a piè di pagina che e esprimono le connessioni tra storia e geografia del luogo inteso mondo nel cui viviamo. Più in breve, tra passato presente e futuro.

Canto II (per gli scherani(2) stolti)

Dove lo squadrismo di Feltri batte
a falce, vi s'aggiunge l'immorale
silenzio dei conservatori, forse
perché hanno ricevuto di scambio
beni, o perché temono la forza
della cartuccia successiva; ora,
(assassinio mediatico compiuto)
è già il turno di una nuova preda,
ma di una carica molto più alta,
per far capire a chi gl'importa come
il potere è tutto in mano loro.

Pensare che Vittorio è l'ultimo
soltanto tra le donnacce(3) del nostro
presidente, e ne verranno ancora,
se guardi nel suo costato vedrai
borbottare Belpietro e Minzolini,
il Fede leccapiedi zampettare
Giordano con i piedi martellare,
poi, infine, il detergente Alfano
proprio quello - e qui testimonianza
giace(4) - che venne visto al matrimonio
festeggiare con Croce e per Giustizia.

Tutto questo fascismo rinascente
mascherato eppur teledivertito,(5)
l’atmosfera Silvestre(6) che rapito
ha le utopie dell’uomo benpensante,
il giro di boa in folle carpito(7)
dal nuovo teledramma(8) ammorbidente,
è della nostra s-cultura(9) la mente,
ed io, se ancora non lo vuoi capire,
ora vedo questo nano-pensiero(10)
questa sua nano-cultura costringere
i diversi a respirare d’oblio.



CANTO II. Scritto il 4 settembre 2009, in seguito alle dimissioni di Dino Boffo.
2Scherano. Sinonimo di brigante, sicario, sgherro. nel caso specifico del fascismo sono così chiamati i seguaci dei capi fascisti, non i simpatizzanti, ma proprio quelli al servizio dei potenti, quelli che agiscono violentemente. qui l'autore si riferisce ai giornalisti che per conto di Berlusconi attaccano violentemente con i loro articoli chi va contro le idee di berlusconi. Tutti i nomi citati in questo canto sono di giornalisti che l'autore definisce "scherani": Vittorio Feltri: direttore de "Il giornale"; Augusto Minzolini: direttore del Telegiornale TG1; Maurizio Belpietro: giornalista di Canale5; Emilio Fede: direttore del Telegiornale TG4; Mauro Giordano: direttore di "News Mediaset" agenzia stampa che sta dietro a tutti i telegiornali e giornali di Berlusconi.
3Donnacce. Riferito agli scherani in questione. Inteso come fossero delle puttane cattive, pagate per essere violente.
4Testimonianza giace. Gioco di parole. Alfano (ministro della giustizia) è stato fotografato nel 2002 al matrimonio della figlia del boss mafioso Croce Napoli. Il temrine giace indica l'esistenza di questa testimonianza. Infatti sotto l'autore scrive "festeggiare con Croce e per Giustizia" dove Croce è il nome del boss e Giustizia (la maiuscola è una presa in giro) indica appunto l'essere ministro della giustizia.
5 Teledivertito. Neologismo. In televisione questi personaggi parlano sempre del governo come se fosse qualcosa di divertente (è una specie di propaganda).
6 Silvestre. Aggettivo riferito a qualcosa che vive nelle selve. Selvatico. Qui la S è maiuscola perchè è riferito a Silvio Berlusconi.
7Folle carpito. Altro gioco di parole, che è un doppio senso. Folle come gruppi di persone, ma anche folle come la posizione delle marcie delle automobili. In questo secondo caso riferito allo stallo della società.
8Teledramma. Neologismo. Nel caso specifico, unito all’aggettivo ammorbidente, si riferisce sempre al modo in cui
fanno giornalismo in televisione. Ne è esempio il fare sempre dei drammi per la cronaca nera e poi subito cambiare il
tono proponendo agli spettatori leggi contro quei drammi, proprio come se volessero ammorbidire il pubblico.
9 S-cultura. La S davanto a cultura serve per dare il senso di ridurre la cultura, toglierla, volerla abbassare di valore.
10 Nano. Appellativo che Sabina Guzzanti ha donato a Silvio berlusconi.

venerdì 6 aprile 2012

"QUELLO CHE VA DETTO" di Gunter Grass (06/04/2012)



La cosa triste è vedere come ogni critica, anche se corretta e di crescita, venga snaturata con la solita tiritera del razzismo e dell'odio verso loro, il popolo di Israele. E' come se provassero piacere ad aver timore di ogni cosa che li sfiori. Come se fosse legittimo tenere delle bombe atomiche (quante? dove? a quale scopo?), decimare un popolo e la sua terra o attaccare un'intera popolazione (perché una guerra colpisce, in primis, la popolazione civile) perché, forse, si pensa che stia costruendo una bomba atomica. 
Perché attaccare una verità? Perché cercare sempre uno scontro (plasmato di rude vittimismo e superficialità) e non un confronto? Perché non capire che c'è anche gente buona nel mondo che dice alcune cose per il bene comune, anche se questo si forma da opposizioni, critiche, denunce verso un sistema logorante e sbagliato?
Non tutto può essere scusato. 
Per questo condivido questa poesia e le sue visioni e richieste. 
Che non parla in tono antisemita, ma unicamente d'un'altra follia perpetuata per "chissà quale (vero?) motivo".


Quello che va detto
(Gunter Grass)
 
Perché taccio e passo sotto silenzio troppo a lungo
una cosa che è evidente e si è messa in pratica in giochi di guerra
alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo al massimo delle note a piè di pagina.

Il diritto affermato ad un decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano,
soggiogato da un fanfarone
e spinto alla gioia organizzata,
perché nella sfera di quanto gli è possibile realizzare
si sospetta la costruzione di una bomba atomica.

E allora perché proibisco a me stesso
di chiamare per nome l’altro paese,
in cui da anni — anche se si tratta di un segreto —
si dispone di crescenti capacità nucleari,
che rimangono fuori dal controllo perché mantenute
inaccessibili?
Un fatto tenuto genericamente nascosto:
a questo nascondere sottostà il mio silenzio.
Mi sento oppresso dal peso della menzogna
e costretto a sottostarvi, avendo ben presente la pena in cui si incorre
quando la si ignora:
il verdetto di “antisemitismo” è di uso normale.

Ora però, poiché da parte del mio paese,
un paese che di volta in volta ha l’esclusiva di certi crimini
che non hanno paragone, e di volta in volta è costretto a giustificarsi,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile
-di nuovo per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta si parla di «riparazione»-
in grado di dirigere testate devastanti laddove
non è provata l’esistenza di una sola bomba atomica,
una forza probatoria che funziona da spauracchio,
dico quello che deve essere detto.

Ma perché ho taciuto fino ad ora?
Perché pensavo che le mie origini,
stigmatizzate da una macchia indelebile,
impedissero di aspettarsi questo dato di fatto
come una verità dichiarata dallo Stato d’Israele;
Stato d’Israele al quale sono e voglio restare legato.

Perché dico solo adesso,
da vecchio e col mio ultimo inchiostro,
che le armi nucleari di Israele minacciano
una pace mondiale già fragile?
Perché deve essere detto
quello che domani potrebbe essere troppo tardi per dire;
anche perché noi — come tedeschi già con sufficienti colpe a carico —
potremmo diventare quelli che hanno fornito i mezzi necessari ad un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
varrebbe a cancellare questo.
 
E lo ammetto: non taccio più
perché sono stanco 
dell’ipocrisia dell’Occidente; perché è auspicabile
che molti vogliano uscire dal silenzio,
che esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo che si va prospettando
ed insistano anche perché
un controllo libero e senza limiti di tempo
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
esercitato da un’organizzazione internazionale
sia consentito dai governi di entrambi i paesi.

Solo in questo modo per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora per tutti gli uomini che vivono
da nemici confinanti in quella regione
occupata dalla follia
ci sarà una via d’uscita,
e alla fine anche per noi.