venerdì 8 luglio 2011

NON OCCORRE TITOLO di W. Szymborska (08/07/2011)


La poetessa è un caso particolare. Ha scritto 10 libri di poesie (potremmo dire 11, contando quello pubblicato da adolescente quando era iscritta al Partito Comunista, da lei rinnegato e mandato al macero), e alla sua settima opera, "La fine e l'inizio", anno 1996, riceve il Premio Nobel. Dico caso particolare perché, leggendo oggi biografie, è raro che un poeta o uno scrittore, nell'arco della sua vita, abbia in curriculum così poche pubblicazioni e importanti ed elevati riconoscimenti. Credo che sia lecito dire: che il poco è immenso quando racchiude il tutto. Ed è per questo che leggo e vi propongo questa poesia. Nei versi di Wislava c'è un qualcosa di umile e selvaggio, mi piace definirlo "incesto" tra delicatezza e violenza, come un ibrido cuore di donna dentro una rosa scarlatta. Adelphi, due/tre anni fa ha pubblicato l'intera sua opera poetica nel libro "La gioia di scrivere" (titolo ricavato da una sua poesia). Questa è tratta dal libro "La fine e l'inizio" e possiamo attribuirle un significato filosofico. Però è una filosofia spiccia, leggera, umana. I massimi sistemi si racchiudono nel volo di una farfalla, nell'ombra della mano. La storia è fatta di nuvole e cannocchiali. Dove la morale è composta da tre versi che si sviluppano in un gioco di parole tra c'è e non c'è. Le poesie di Wislava spaziano in diversi campi: dallo storico, al politico, al sociale, all'amore, al sesso. E non è mai scontata né pesante di linguaggio. Anzi spesso è quasi divertente, allegra, libera. E se siete di cuore sensibile, anche in questa poesia che vi leggo sentirete una spensieratezza quasi volgare per il discorso intrapreso, ma che lo rende soffice e armonico, quasi invisibile, comprensibile.

.Non occorre titolo.
(Wislawa Szymborska)

Si è arrivati a questo: siedo sotto un albero,
sulla sponda d’un fiume
in un mattino assolato.
E’ un evento futile
e non passerà alla storia.
Non si tratta di battaglie e patti
di cui si studiano le cause,
né di tirannicidi pieni di memoria.

Tuttavia siedo su questa sponda, è un fatto.
E se sono qui,
da una qualche parte devo pur essere venuta,
e in precedenza
devo essere stata in molti altri posti,
proprio come i conquistatori di terre lontane
prima di salire a bordo.

Anche l’attimo fuggente ha un ricco passato,
il suo venerdì prima di sabato,
il suo maggio prima di giugno.
Ha i suoi orizzonti non meno reali
di quelli nel cannocchiale dei capitani.

Quest’albero è un pioppo radicato da anni.
Il fiume è la Raba, che scorre non da ieri.
Il sentiero è tracciato fra i cespugli
non dall’altro ieri.
Il vento per soffiare via le nuvole
ha dovuto prima spingerle qui.

E anche se nulla di rilevante accade intorno,
non per questo il mondo è più povero di particolari,
peggio fondato meno definito
di quando lo invadevano i popoli migranti.

Il silenzio non accompagna solo i complotti,
né il corteo delle cause solo le incoronazioni.
Possono essere tondi gli anniversari delle insurrezioni,
ma anche i sassolini in parata sulla sponda.

Intricato e fitto è il ricamo delle circostanze.
Il punto della formica nell’erba.
L’erba cucita alla terra.
Il disegno dell’onda in cui s’infila un fuscello.

Si dà il caso che io sia qui e guardi.
Sopra di me una farfalla bianca sbatte nell’aria
ali che sono soltanto sue
e sulle mani mi vola un’ombra,
non un‘altra, non d’un altro, ma solo sua.

A tale vista mi abbandona sempre la certezza
che ciò che è importante
sia più importante di ciò che non lo è.

Nessun commento:

Posta un commento