sabato 13 agosto 2011

LINGUEGLIETTA di Mauro Maconi (12/08/2011)



Mauro Maconi è morto all’età di 43 anni, nel 2001. Uno dei tanti mali che hanno nome, descrizione, cause e riverberi senza (spesso, come questo) soluzioni, lo ha ucciso. Di lui ci restano un primo libro (“La materia dell’amore”), poesie inedite dell’adolescenza (racchiuse nell'opera omnia "L'indifferenza del tempo") e un secondo manoscritto lasciato a metà. Il poemetto si sarebbe dovuto intitolare “Il commesso”. Frammenti di poesie e pensieri molto delicati e colorati di un linguaggio fermo, popolare, introverso. C’è emozione e fugacità di un primordiale rintocco di campana che ci sveglia all’unisono per ricordarci che siamo qui: banali ed eterni; rinchiusi in celle di ossa e pelle, ma anche parte armonica di una natura identica per tutti. “Il commesso” è una storia comune, sentimenti labili e quotidianità banale ma necessaria e dura, inossidabile. Per dirla a parole di una suo verso: “Il caso lo elegge custode, / ma non fa niente per essere migliore, / sa che la vita è questa, si muove come tutti / in un progetto non suo, alieno.”
La poesia che vi leggo è composta da versi ripresi dal poeta Vittorio Sereni (Vieni, vienimi contro la vita, spandi nomi incarnati, / il buio che inseguo delle voci spente, / e i fiori, le piante, le cose regalate e vive, / o quello che torna o svanisce o da qualche parte rubo. / Vienimi contro, / con gli occhi che cercano.). Non c’è nulla di scontato. Anzi, la fantasia regala visioni cariche di case diroccate e angosce terrene che puzzano di malcelata sicurezza. Un nome che ci identifica e ci sconvolge.


.Lingueglietta.

Mauro Maconi

dall'Almanacco dello Specchio 2006, Mondadori


Ogni cosa precipita in un nome,

ma da questo sfugge la vita in descritta

un rotolo di tempo sgraziato e incongruo.

E di nuovo su questa salita di sudore

ti vedo come tutto da dietro, da un lato,

ingombra di carni e fatti impossibili.



*



Nelle facce dei gemelli,

con le biciclette e i capelli uguali,

il bastone ritmico della signora,

i capelli tinti, l’erre moscia del bancario

o la pazienza di un padre incalzante…



vieni, vienimi contro la vita, spandi nomi incarnati,

il buio che inseguo delle voci spente,

e i fiori, le piante, le cose regalate e vive,

o quello che torna o svanisce o da qualche parte rubo.

Vienimi contro,

con gli occhi che cercano,

le mani forti, una donna che cade,

qualcuno si informa, pretende,

e non so, non so mai, nemmeno girandomi,

nemmeno guardando dentro, affondando,

non so mai, mai, risponderti come si deve.



*



Dalla scrivania, guardo fuori

e sul balcone vedo un figlio

che ama sua madre. Le tiene una mano,

guardano i gatti e un piccione che ha un destino.

Sappiamo cosa accadrà, il caffè

bolle sul fuoco, stanno per entrare,

hanno perso qualcuno ed è ancora presto per ridere.

La scala del palazzo è buia, lei

non scenderà, lo saluta sulla porta,

chiamandolo per nome.

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