sabato 20 agosto 2011

POESIE DA GUANTANAMO (19/08/2011)



 
Queste due poesie che leggo arrivano dal carcere di Guantanamo. Vengono riprese dal libro di Marc Falkoff pubblicato da Ega in collaborazione con Amnesty International. Il libro si intitola “Poesie da Guantanamo – La parola ai detenuti”.

Jumah Al Dussari, 35 anni, è stato rilasciato nel 2007. La sua poesia è una denuncia ideologica, del male che serpeggia sull’isola e che invoca giustizia. E’ diretta, con parole sicure e semplici. Parole che escono direttamente dalla gola.
Da come riporta il libro: “Dalla fine del 2003, è stato tenuto in isolamento totale e, secondo l’esercito statunitense, ha tentato il suicidio dodici volte.”

Othman Abdulraheem Mohammad, 28 anni, il libro non riporta il suo rilascio – quindi deduco che sia ancora internato nel carcere. La poesia è un sussurro metaforico che si espande e abbraccia il mondo, quasi in un canto filosofico. E’ un sentirsi impotenti e costretti a non poter fare le cose più elementari, come aiutare chi ti sta accanto. Gli ultimi tre versi ci narrano di uomo che ancora combatte, che non si è fatto rubare “l’anima”.
Come riporta il libro: “Ha preso parte agli scioperi della fame ed è stato sottoposto ad alimentazione forzata.
 

.Mi dispiace, fratello.
Othman Abdulraheem Mohammad

Mi dispiace, fratello.
Le catene bloccano le mie mani
e l’acciaio circonda il luogo dove dormo.

Mi dispiace, fratello,
non poter aiutare i vecchi o la vedova o il piccolo bambino.

Non considerare la morte di un uomo come un segno di sconfitta.
L’unica vergogna è tradire i tuoi ideali
e non riuscire a tener fede in ciò in cui credi.


.Poesia della morte.
Jumah Al Dossari

Prendete il mio sangue,
prendete il mio sudario
e i resti del mio corpo.
Scattate fotografie alla mia salma nella tomba, sola.

Inviatele al mondo,
ai giudici
e alle persone di coscienza,
inviatele agli uomini di sani principi e alle persone oneste.

E lasciate che portino il peso della colpa, di fronte al mondo,
di quest’anima innocente,
lasciate che portino il peso,
di fronte ai loro figli e di fronte alla storia,
di quest’anima sprecata, senza peccato,
di quest’anima che soffre nelle mani dei “protettori della pace”.

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