venerdì 5 agosto 2011

TUTTI I RETROSCENA, di Mark Strand (05/08/2011)


Mark Strand è uno dei poeti più importanti e celebri americani (oltre che scrittore di opere in prosa, monografie d'arte e libri per bambini). 
Ho avuto occasione di ascoltarlo e conoscerlo, (se non erro la data) due anni fa, invitato al Festival Internazionale di Poesia a Genova. Nel mio sdentato inglese - discutendo - mi parve di aver recepito - tra le altre parole e frasi - questo pensiero: <<La poesia non sta morendo, non è mai morta. Sarà in crisi (ma lo è sempre stata). Oggi c'è il problema di capire cos'è la poesia oggi e cosa da essa noi cerchiamo e cosa noi lasciamo.>> E' possibile che mi sbagli. E' possibile che io abbia voluto capire/comprendere queste parole. E' possibile che sia una mia semplice creazione mentale. Chissà. Forse era quello che io mi aspettassi che dicesse. Magari mi stava solo raccontando della bontà del pesto e del lungomare trafficato da noiosi turisti. Chissà.
Questa breve introduzione è un'altra interpretazione della poesia di Mark che vi propongo qui. Questo è un altro retroscena. Oltre l'ironia, questi versi ci mostrano come è facile mentire/mentirsi, fantasticare e illudersi. E quanta la paranoia ci rendi divertenti, speciali, sociali.
Mark è kafkianamente un poeta del doppio Soggetto, cioè dell'umano e "dell'astratto biologico". Gioca e naviga tra desiderio e disperazione, felicità e drastica solitudine.
Molti suoi libri sono stati tradotti in Italia (come l'ultimo "Il Monumento", edito Fandango. Un poema filosofico sul dopo, sul nulla che resterà). Questa poesia che vi leggo è tratta dalla silloge "Il futuro non è quello di una volta", edito da Minimum Fax, e curato da Damiano Abeni.

.Tutti i retroscena.
Mark Strand


Sarebbe stato meglio che tu avessi
ritenuto indispensabile dirgli: <<E’ un
incendio. E per di più non possiamo
farci niente perché – vedi? – siamo su
questo treno>>.

Perché debba succedere così
non so bene, ma tu
mi sei seduto accanto
e ti fai gli affari tuoi,
quando all’improvviso vedo
un incendio oltre il vetro.

Ti sfioro con il gomito e dico:
<<E’ un incendio. E per di più
non possiamo farci niente
perché – vedi? – siamo su questo treno>>.
Mi lanci una strana occhiata,
come se avessi detto troppo.

Ma per quel che ne sai, può darsi che io
sia un appassionato di incendi,
che viaggia in treno per evitare
di doverli domare.
Può darsi che i treni
rinfocolino l’amore per gli incendi.

Potrei perfino sospettare
che tu sia un pompiere
in borghese. Ma insomma,
potrei anche sbagliarmi. Forse
sei tu quello a cui piace
un bell’incendio. Chissà!

Forse tu sei altrove,
e rifletti sul fatto che senza
un luogo dove andare non dovresti
prendere il treno. E io,
vedendo il mio volto nel vetro,
magari sull’incendio ho mentito.

Nessun commento:

Posta un commento