giovedì 28 febbraio 2013

POESIA PER I DIRETTORI DEL PERSONALE di Charles Bukowski (01/03/2013)



Per iniziare, dico che questa poesia è per i tempi che corrono.
Poi dico che Bukowski, in alcuni tratti, si accosta alla poetica di Federico Garcia Lorca, principalmente riguardo al suo ultimo libro “Poeta a New York”.
Ora non so se Charles si trovasse a New York quel giorno quando incontrò quel vecchio che navigava nelle sue stesse condizioni. Di certo, Bukowski, trova sempre, in giro, gente che gli assomiglia e che lo ragguaglia e lo inspira. Bukowski, sa sempre essere un insieme di parole e dialoghi ben calibrati; stride la metafora lurida e popolare. E’ diretto. Colpisce i sensi del lettore, perché parla della stessa merda che calpesta e che calpestiamo sempre. Non tutta l’opera di Bukowski è così armonica e concisa. Spesso è pura descrizione. Spesso è vomito dopo un’esagerata bevuta. Ma sempre corrosiva moralmente, perché stipula un contratto con una morale che prescinde da ogni realtà falsificata dai media o dai politici del momento.
Parla per il popolo, a suo modo. Lui è specchio della gente che lo circonda. Questo è “Un grido verso Roma” americanizzato. Attuale.
Poi, geniale e semplice, limpido, il verso che mostra (e, forse, chiede per tutto) la sua “rottura” con la tradizione:
“Un gatto passa e si scrolla Shakespeare di dosso.”  



Poesia per i Direttori del Personale:
(Charles Bukowski)

Un vecchio mi chiese una sigaretta
e con calma ne tirai fuori due.
"Sono andato a cercare lavoro. Voglio starmene
qui al sole a farmi una fumatina".

Era un vecchio straccione e rabbioso
con le spalle appoggiate alla morte.
Era davvero una giornata fredda, e autocarri
grossi e pesanti come vecchie puttane
rombando ingorgavano le strade....

Caschiamo come assi da un pavimento marcio
mentre il mondo cerca di disperdere
la confusione che gli annebbia il cervello.
(Dio è un posto solitario senza carne).

Siamo uccelli moribondi
siamo navi che affondano-
il mondo ci scuote e ci schiaccia
e noi
spalanchiamo le braccia
e noi
spalanchiamo le gambe
come il bacio mortale del millepiedi:
ma dolcemente ci spezzano le reni
e chiamano "politica" il nostro veleno.

Bè, fumammo, lui e io: omiciattoli
che mordicchiano idee dalla testa di pesce...

Non tutti i cavalli arrivano primi,
e mentre guardi accendersi e spegnersi
le luci delle carceri e degli ospedali
e uomini maneggiare bandiere
delicatamente come se fossero bambini,
ricorda questo:

tu sei un grande strumento sbudellato
di cuore e di pancia, studiato con cura-
perciò se prendi un aereo per Savannah,
prendi l'aereo migliore;
o se mangi pollo su uno scoglio,
fa che sia una bestia molto speciale.
(Tu lo chiami uccello; io chiamo uccelli
i fiori.)

E se decidi di ammazzare qualcuno,
fa' che questo qualcuno sia un nessuno:
certi uomini son fatti di pezzi più speciali,
preziosi: non uccidere
se credi
un presidente o un Re
o un uomo
dietro una scrivania-
questi hanno celesti longitudini
illuminate attitudini

Se decidi,
prendi noi
che stiamo qui a fumare con aria minacciosa;
noi siamo rugginosi di tristezza
e febbrili
di scale traballanti salite tante volte.

Prendi noi:
    che non siamo mai stati bambini
    come i tuoi figli;
    Che non capiamo le canzoni d'amore
    come la tua innamorata:

I nostri volti sono linoleum screpolato,
sfondato dai piedi pesanti e sicuri
dei nostri padroni.

Noi siamo intessuti di barbe di carote
semi di papavero e grammatica zoppicante;
sprechiamo i giorni come merli pazzi
e invochiamo alcoliche notti.
I nostri sorrisi insinuanti e disgustati
ci avvolgono come coriandoli altrui:
non siamo nemmeno iscritti al Partito.

Siamo una scena abbozzata col bianco
pennello nauseante dell'Età.

Fumiamo, addormentati come un piatto di fichi.
Fumiamo, morti come la nebbia.

Prendi noi.

Un delitto nella vasca da bagno
o qualcosa di rapido e brillante; i nostri nomi
sui giornali.

Noti, infine per un momento
a milioni di occhi ottusi e noncuranti
che si tengono in disparte per accendersi e guizzare
solo ai miseri sarcasmi da caffè
dei loro viziati, presuntuosi
    correttissimi attori.

Noti, infine per un momento,
come saranno conosciuti loro
e come sarete conosciuti voi
da un uomo tutto grigio su un cavallo tutto grigio
che accarezza una spada
più lunga della notte
più lunga dell'indolenzita spina dorsale del monte
più lunga di tutti i gridi
usciti come bombe dalle gole
ed esplosi in una terra più nuova,
meno pianificata.

Fumiamo, e le nubi non ci badano.
Un gatto passa e si scrolla Shakespeare
    di dosso.
Sego, sego, candela come cera: la nostra schiena
è fiacca e la nostra coscienza
consuma innocentemente
l'avanzo di stoppino
che la vita ci ha elemosinato.

Un vecchio mi chiese una sigaretta
e mi narrò i suoi guai
e questo
è ciò che disse:
che la Vecchiaia era un delitto
che la Pietà raccoglieva le biglie
e che l'Odio racimolava
il contante.

Avrebbe potuto essere tuo padre
o il mio.

Avrebbe potuto essere un maniaco sessuale
o un santo.

Ma qualunque cosa fosse
era condannato
e noi stavamo al sole
a fumare
e ci guardavamo intorno
per vedere chi nella fila
veniva dopo di noi.

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