venerdì 29 luglio 2011

Canti 10-13 da "Cento poesie d'amore" - ADONIS (29/07/2011)


Adonis è uno dei poeti più importanti del mondo arabo. Questi canti che estraggo dal libro "Cento poesie d'amore" (edito da Guanda), come potrete constatare dai testi, ci mostrano l'amore nella su Oggetto e non nel Soggetto, cioé restano sul piano materiale e non sul quello astratto. Questo lo si può percepire perfettamente nel canto 12esimo, quando esplicita la parola "oggetto" - per poi confermare il termine con esempi di tale materialità metafisica. Può sembrare rude, ma i versi scivolano come latte verso il fondo del bicchiere e ci riempe piano piano fino a inondarci e strincerci in un calore generale. Le parole sono semplici. Gioca con la filosofia, ma tratta il linguaggio con delicatezza e rapida elucubrazione. Trovo (anche) in questo libro un motivo per continuare ad amare.

.Canti 10-13 – da “Cento poesie d’amore”.
Adonis

10
Ho versato la tua notte nella mia e nel cammino
immerso nella disperazione mi allontanavo,
quasi certo: la cosa più splendida che mi coglie
è un amore vagante come le nubi, sospinto
dal vento del luogo, a suo piacere senza ombre
né stella, né astronomo,
che riarso vive nelle steppe del dubbio
e nei suoi tormenti trasuda e raggela.

11
Successe d’estate. Dicesti: <<La farfalla
è il colore della farfalla>> non concludesti. Ti
  girasti verso di me,
fissandomi. Ci incamminammo mentre la strada
  trascinava
le finestre, la casa usciva dalla sua argilla, girava
per i campi. Incontrammo uno scarafaggio.
  Sussurrammo: <<Questa
è una lingua celeste dalla cui oscurità discende
  Nefertiti>>,
dicemmo: <<Quanto amiamo Sheherazade>>.
Successe d’estate, quando ci separammo.

12
Immagino il mio amore come significato e forma
 del significato: unità della rivelazione
e dell’occultamento nell’oggetto – si eleva e
 discende, scompare
e ricompare, viene e va come luce, aria e colore,
respira col polmone dell’oggetto come l’oggetto
 porta nelle
sue labbra la nostra assenza e sussurra attorno a
 sé i suoi misteri
come fanno il vento e il sole quando
strappano l’abito del giorno dal corpo della terra.
 Assenza
che si addentra nelle soglie della presenza
e come il mistero vive nel cuore della terra
e nell’oscurità delle radici.

13
Se il nostro amore fosse un dio o fosse un gioco e
 un caso
niente all’infuori di esso potrebbe dare ombra ai
 nostri aridi giorni.
Così ne celebriamo
i doni e con le sue brocche
scriviamo la storia delle nostre membra.

venerdì 22 luglio 2011

"SALUTE", di Lawrence Ferlinghetti (22/07/2011)


Questa che vi propongo è una poesia inedita in Italiano che potrete trovare unicamente nel libro di Giada Diano, "Io sono come Omero" (edito Feltrinelli). E ora qui. Il libro è il resoconto di due anni di ricerca, sia per Giada che per Lawrence, riguardo al padre del poeta e le sue radici italiane. E' un connubio di storie, di vita e poesie (quest'ultime quasi tutte inedite). Quella che vi leggo è una "sarcastica e dura denuncia" contro ogni violenza perpetuata da qualsiasi persona contro un'altra persona, animale e pianta di questo pianeta. E' un saluto liberatorio. Ed è quel saluto che troppo spesso evitiamo di dare.

 
Salute
- Lawrence Ferlinghetti -
(in Open Eye, Open Heart,
New Directions, New York 1973)


A ogni animale che mangia o uccide qualcuno della sua specie […]
E a ogni reazionario con stivali & cani
& fucili a canne mozze
E a ogni ufficiale di pace con i cani
addestrati a fiutare & uccidere
E a ogni uomo in borghese o agente sotto copertura
con fondine a tracolla piene di morte
E a ogni Guardia Civil in ogni paese che protegge i civili
con manette & carabine
E a ogni guardia di frontiera a un qualsiasi posto di blocco
su uno qualsiasi dei lati di qualsiasi Muro di Berlino
o cortina fatta di Bambù o Tortillas […]
E a ogni carro-armato antisommossa con lacrimogeni & mazze
E a ogni pilota scelto con missili & napalm sotto le ali
E a ogni pilota dei cieli che benedice i bombardieri al decollo
E a ogni dipartimento di Stato di qualsiasi superstato
che vende fucili a entrambe le parti
E a ogni nazionalisti di non importa che nazione in non importa
che mondo Nero Marrone o Bianco che uccide per la sua Nazione
E a ogni profeta o poeta con armi e a ogni sostenitore
dell’illuminazione spirituale con la forza e a ogni
sostenitore del potere di qualsiasi stato tramite il Potere
E a ognuno e a tutti quelli che uccidono & uccidono & uccidono
& uccidono per la Pace
                     Io alzo il mio dito medio
                   nell’unico saluto appropriato


Traduzione Giada Diano
(dal libro “Io sono come Omero”)

venerdì 8 luglio 2011

NON OCCORRE TITOLO di W. Szymborska (08/07/2011)


La poetessa è un caso particolare. Ha scritto 10 libri di poesie (potremmo dire 11, contando quello pubblicato da adolescente quando era iscritta al Partito Comunista, da lei rinnegato e mandato al macero), e alla sua settima opera, "La fine e l'inizio", anno 1996, riceve il Premio Nobel. Dico caso particolare perché, leggendo oggi biografie, è raro che un poeta o uno scrittore, nell'arco della sua vita, abbia in curriculum così poche pubblicazioni e importanti ed elevati riconoscimenti. Credo che sia lecito dire: che il poco è immenso quando racchiude il tutto. Ed è per questo che leggo e vi propongo questa poesia. Nei versi di Wislava c'è un qualcosa di umile e selvaggio, mi piace definirlo "incesto" tra delicatezza e violenza, come un ibrido cuore di donna dentro una rosa scarlatta. Adelphi, due/tre anni fa ha pubblicato l'intera sua opera poetica nel libro "La gioia di scrivere" (titolo ricavato da una sua poesia). Questa è tratta dal libro "La fine e l'inizio" e possiamo attribuirle un significato filosofico. Però è una filosofia spiccia, leggera, umana. I massimi sistemi si racchiudono nel volo di una farfalla, nell'ombra della mano. La storia è fatta di nuvole e cannocchiali. Dove la morale è composta da tre versi che si sviluppano in un gioco di parole tra c'è e non c'è. Le poesie di Wislava spaziano in diversi campi: dallo storico, al politico, al sociale, all'amore, al sesso. E non è mai scontata né pesante di linguaggio. Anzi spesso è quasi divertente, allegra, libera. E se siete di cuore sensibile, anche in questa poesia che vi leggo sentirete una spensieratezza quasi volgare per il discorso intrapreso, ma che lo rende soffice e armonico, quasi invisibile, comprensibile.

.Non occorre titolo.
(Wislawa Szymborska)

Si è arrivati a questo: siedo sotto un albero,
sulla sponda d’un fiume
in un mattino assolato.
E’ un evento futile
e non passerà alla storia.
Non si tratta di battaglie e patti
di cui si studiano le cause,
né di tirannicidi pieni di memoria.

Tuttavia siedo su questa sponda, è un fatto.
E se sono qui,
da una qualche parte devo pur essere venuta,
e in precedenza
devo essere stata in molti altri posti,
proprio come i conquistatori di terre lontane
prima di salire a bordo.

Anche l’attimo fuggente ha un ricco passato,
il suo venerdì prima di sabato,
il suo maggio prima di giugno.
Ha i suoi orizzonti non meno reali
di quelli nel cannocchiale dei capitani.

Quest’albero è un pioppo radicato da anni.
Il fiume è la Raba, che scorre non da ieri.
Il sentiero è tracciato fra i cespugli
non dall’altro ieri.
Il vento per soffiare via le nuvole
ha dovuto prima spingerle qui.

E anche se nulla di rilevante accade intorno,
non per questo il mondo è più povero di particolari,
peggio fondato meno definito
di quando lo invadevano i popoli migranti.

Il silenzio non accompagna solo i complotti,
né il corteo delle cause solo le incoronazioni.
Possono essere tondi gli anniversari delle insurrezioni,
ma anche i sassolini in parata sulla sponda.

Intricato e fitto è il ricamo delle circostanze.
Il punto della formica nell’erba.
L’erba cucita alla terra.
Il disegno dell’onda in cui s’infila un fuscello.

Si dà il caso che io sia qui e guardi.
Sopra di me una farfalla bianca sbatte nell’aria
ali che sono soltanto sue
e sulle mani mi vola un’ombra,
non un‘altra, non d’un altro, ma solo sua.

A tale vista mi abbandona sempre la certezza
che ciò che è importante
sia più importante di ciò che non lo è.