venerdì 18 maggio 2012

"NELL'ADDIO" di Luca Artioli (18/05/2012)


Mi distanzio dalla prefazione del libro: qui la terza persona è povera, poco sonora: qui vige un’integrale “Io”, che racconta storie e si alimenta di ricordi. Quest’ultima parola è l’essenza dell’intera opera scritta da Luca Artioli (“Suture”, Fara Editore), sia quando racconta di una Lei, sia quando si sofferma su luoghi, oggetti, città. E’ azzardato anche accostarlo alla poesia Beat (come anche lui, scherzosamente, si auto-definisce). Mi concentrerei più sulla poesia di Kruger o quella francese di Rouzeau, dove la struttura è essenziale e concisa, ma estremamente descrittiva e narrante. Nelle poesie di Luca riscontro una lampante assenza di retorica e ridondanti metafore. Tutto è quadrato, posizionato, levigato con immagini corporali seghettate. Tema: amore che si snoda verso una Lei vissuta o solo sfiorata. Per la scultura anoressica del linguaggio, Luca si accosta molto alla poetica di Milo De Angelis o a un’iniziale Cucchi o Bertolucci (anche come sostanza e modo di condurre il discorso lirico).
Precedentemente ho utilizzato il termine “corporale” per descrivere la composizione (sensazione che scaturisce) delle poesie comprese nel libretto. Questo perché sono utilizzate tre parole chiavi che si ripetono in quasi tutti i componimenti. Oltre la parola “silenzio”, dalla quale mi stacco perché è mera conseguenza di azioni e mai fattore scatenante, i tre termini che reggono e conducono il gioco sono: mani, occhi, sorriso. Queste fanno scaturire quel profondo silenzio che si ascolta nei versi e, rispettivamente, stanno per:
MANI: carezze/riconciliazione/azione muta e arrendevole
OCCHI: parola/ linguaggio che conduce al silenzio(o col quale si esprime)
SORRISO: legame onnipresente.
Dall’amore si passa al “luogo”, alla descrizione dell’esterno, per andare verso la sezione successiva che sfiora l’astrazione (grammaticale), per concludere con l’ultima parte “I tre giorni” che si emancipa completamente dal resto del libro. E’ un qualcosa in “più” ma –secondo me- inappropriata e poco riuscita. Le poesie, il modo di costruirle e narrarle, non reggono la forza e la forma onirica del tema trattato. La passione religiosa/cristiana, il misticismo, la fede, viene espressa con formale linguaggio come la descrizione di una vicenda poco chiara ascoltata da un qualcuno poco chiaro. Molto lontano dalle interpretazioni fatte, ad esempio, dalla Merini o dal Luzi.

Chiudo con questi versi presenti nella silloge che mi piace assoggettare un po’ al tutto, al generale: “Accadde come fosse necessario.”


.Nell’Addio.
(Luca Artioli)

Per la creatura del vento e dell’autunno
asfalto senza precipizio, parole scomode,
                                                  peso di spine
perché partiva come se non avesse mai
                                                           lasciato,
nell’addio della foglia o nel polso insaccato
della manica, partiva
senza curarsi troppo del gesto,
rapido fendente sulla gola
in periferia, oltre le luci, stanotte.

giovedì 3 maggio 2012

da "IO NO (EX-IO)" di Valeria Raimondi (04/05/2012)


Parlare comunemente di un disturbo psicosomatico come l’anoressia è già sufficientemente difficile. Penso che trattarlo anche in termini poetici, sia più che un azzardo. E’ complicato dare una percezione oggettiva su un tema così fitto di complicanze a livello sia psichico che medico. Se osservo da fuori, non posso che provare emozioni, sane o marce che siano. Soggettivo il giudizio e la narrazione. E così la lettura.
L’ho fatta con interpretazione e distacco, con analisi e concentrazione. Ho visto molta rapidità combaciata con atti di passione e dolore che fanno riflettere. Ho letto un libro ardente, ma che a volte cade nel rituale dell’eccesso. Troppe ripetizioni che possono stancare e sminuire la forza della voce narrante. Troppi passaggi con poca linearità concettuale. Però ho trovato una fitta rete di rabbia e rivoluzione in molti versi - a tratti frammenti, a tratti aforismi con neologismi. Ho visto un donna che ha voglia di combattere e dare luce a ombre troppo spesso non condivise (accettate? capite?).

Visto che il testo è suddiviso in sezioni (credo riguardino l’evoluzione psicologia dell’Io, principalmente quella della voce fuoricampo), voglio offrire, con delle parole singole (simboli), le mie impressioni su questo libro che grida un amore poco ascoltato.

Parte 1: Curar(sé): Fuoco - emozionante
Parte 2: Nutrir(sé): Semplice, nel senso positivo
Parte 3: (A VOI): Freddo - Pietra
Parte 4: Ex-Tu: Vento secco, ma con raffiche di calore
Parte 5: SOGNI: Un cerchio che non si chiude
Parte 6: A(d)dio: Freddo – Pietra che si sgretola
Parte 7: Speranza d'essere: Una mano con un dito in più. Un lago neutro sul quale si specchia una speranza.


da "IO NO (EX-IO)"

Mai più
Oggi è Mai più
Anche il vento sembra andare
in un’unica direzione
e la terra tremare all’ultima parola: Mai più
La gioia è mai più
mai più
il lamento la scala la noia
mai più
gli occhi il ventre la mano
mai più
il giorno la notte la voglia
Ex-io, ex-tu, ex-voi.
 Svendita totale - Totale rinuncia.
Anorexia
      Oggi è mai più.  

5
Mastico la mia anima e sputo.
Poi
tiro lo sciacquone. Che se la porti via l’acqua nera.
Fuori da me anima di merda. FUORI TUTTO. 
Voglio restare vuota e... IO.
Una pagina da riempire, una vita da inventare.
Candida carne innocente.

14
Di mille in mille crocefissioni procede
questo salire verticale lento
un’altra piaga aggiunta
e non è mai la Morte.
Avevamo braccia aperte pronte,
il sorriso più sfacciato
e spalle date al sole.
(Rie
mpivamo la scena del tramonto)
Ma in aceto vanno i baci
il sangue in vino amaro
a bagnare labbra stanche
di chi attonito rimane
masticandosi preghiere
ai piedi della croce.