venerdì 30 settembre 2011

TU SEI UN GIRASOLE ANCHE AL BUIO, Josip Osti (30/09/2011)




Josip Osti è un poeta bosniaco molto conosciuto in Slovenia, dove risiede, e che narra spesso di Tomaj, in Carso, dove ha una vecchia casa e un mistico giardino che ogni tanto frequenta e lo rende abitante fisso di quel luogo. Ha alle spalle diversi libri di poesia, saggistica, critica letteraria, libri per l’infanzia e, da come riporta la terza di copertina, ha tradotto circa ottanta libri svolgendo un’operazione di continuo scambio tra la letteratura bosniaca e slovena.
E’ nato nel 1945. In Italia è stato pubblicato da Casa della poesia, ed è da lì – dal libro “Rosa Mystica” – che prendo queste due poesie (la seconda è su Youtube; basta cliccare il link sotto il video). Le sue poesie sono abbastanza intimiste e modellate da semplici parole con versi molto tesi ed espressioni lampanti e cristalline. Alcune volte davvero sembra di entrare dentro un mondo magico, anche se parla della cosa più comune che ci possa capitare o che ovunque vediamo e incontriamo. C’è come un aria di sfida, non cattiva: duttile e positiva. 
Tu sei un girasole anche al buio” (e già solo il titolo mette i brividi), ci avvolge in un percorso tenero e sensuale, che accompagna la scena dalla sera fino alla mattina; che cerca quel calore, quelle domande; quell'impossibilità di frenare il tempo e restare per sempre così: nudi e infiammati. Naturali.
Nel “Dove questo profondo pozzo tenebroso in noi, amore”, si intravede la pericolosità di questo percorso. Le domande si fanno pericolo e le risposte, comunque non esistono. Rimane solo la beffa finale, che ci fa sorridere e riflettere. E porci una domanda: e se quell’oro fosse solo un’illusione? Non ho risposte neppure io. Stasera più che mai…

.Tu sei un girasole anche al buio.
Josip Osti

Tu sei un girasole anche al buio. Quando il sole
ci abbandona spegnendo alle sue spalle tutte le luci
celesti e terrestri. Le stelle, le lucciole, i gerani
e le fiamme di molti altri fiori. Quando lentamente
annotta e ben presto non si vede più neanche
un dito davanti agli occhi. Né un sasso o una radice
strada facendo attraverso il vigneto o il bosco fitto.
Gli slip e gli altri pezzi del nostro vestiario buttati
alla lesta per terra intorno al letto, nel quale ci
sdraiamo spogli come gli alberi in autunno, quando
la violenta bora stacca loro l’ultima foglia… Tu sei
un girasole anche nel buio. Anche quando mostriamo
l’uno all’altro il dorso e siamo due punti interrogativi
abbracciati che rimarranno senza risposta fino alla
fine della scura e gelida notte che si ripete di giorno
in giorno. In cui anche le bianche lenzuola sono nere.
E nere sono le finestre, oltre le quali fino all’alba
possiamo guardare solo nel nostro intimo. E nel
contempo l’uno nell’altro cerchiamo il tesoro nascosto
del sole. Il tempo intanto a beccate ci dilania gli occhi.


.Da dove questo profondo pozzo tenebroso in noi, amore.
Jopip Osti

Da dove questo profondo pozzo tenebroso in noi,
amore?… Dove andiamo, quando andiamo chissà dove?
Sapremo ritornare per la stessa strada percorsa,
pur ignorando da dove siamo venuti? Da dove
giunge il canto sommesso e pauroso, a causa di
cui rabbrividisce l’erba giovane, sotto la quale
dormono i nostri padri e le madri di tutte le madri?
Dove nuotano i pesci morti e gli uccelli morti?...
Sono profumate le anime dei fiori o assieme a loro
presto appassiranno?... Da dove il profondo
pozzo tenebroso in noi, amore?... Dove svaniscono
i bei sogni e la doratura dai nostri due volti che vi si
specchiano? L’affermazione che Dio è morto non
è nel contempo la conferma che è esistito?... Da
dove il meandro senza via d’uscita, inondato
di luce, intorno a noi?... E’ bello essere infelice…
Solo allora l’oro della felicità sale di prezzo.

giovedì 22 settembre 2011

LETTERE DAL CARCERE A MUNEVVER, di Nazim Hikmet (22/09/2011)



Queste poesie di Nazim Hikmet sono state scritte nel carcere di Bursa (Anatolia), imprigionato con accuse di propaganda comunista e di complotto contro il governo; dove prese il suo primo infarto. Queste poesie sono indirizzate alla moglie Munevvér. Sono testi delicati e buffi, buffi nel senso dello stupore, dell’emozione, della primitiva passione inserite in quei versi. Nessuna retorica o filosofia. Come un primo amore adolescenziale. Si sente l’assenza. La prima e l’ultima poesia sono un urlo disperato che descrive il vuoto e la distanza che intercede a tutte quelle cose che lui chiede, che vorrebbe e che sa di non poter adempire. Scelgo queste poesie di Nazim Hikmet perché ci sono cose che sono passate e che oggi hanno la stessa forma e che non si riesce più a descrivere o vivere. Semplice e ricco. La “lotta”, i “piedi”, quel “ti amo” che ormai è solo un’abbreviazione che non conosce il sentimento della lingua, del pronunciarlo. Così delicato e buffo. Come il cuore. Come qualcosa che non si può avere. Come un sogno. Come un primo amore adolescenziale. Come un mondo che quasi non esiste più. Amore.


1942
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.


1943
  Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
  amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
  amo in te le cose lontane
  amo in te l’impossibile

entro nei tuoi occhi come in un bosco
  pieno di sole
e sudato affamato infuriato
 ho la passione del cacciatore
  per mordere nella tua carne

amo in te l’impossibile
ma non la disperazione


1943
Guardo in ginocchio la terra
guardo l’erba
guardo l’insetto
guardo l’istante fiorito e azzurro
sei come la terra di primavere, amore,
io ti guardo.

Sdraiato sul dorso vedo il cielo
vedo i rami degl’alberi
vedo le cicogne che volano
sei come il cielo di primavera, amore,
io ti vedo.

Ho acceso un fuoco di notte in campagna
tocco il fuoco
tocco l’acqua
tocco la stoffa e l’argento
sei come un fuoco di bivacco all’addiaccio
io ti tocco.

Sono tra gli uomini amo gli uomini
amo l’azione
amo il pensiero
amo la mia lotta
sei un essere umano nella mia lotta
ti amo.

1944
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
E’ a casa? Per la strada?
Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
Forse sta alzando il braccio?
Amor mio
come appare in quel movimento
il polso bianco e rotondo!
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
Un gattino sulle ginocchia
lei lo accarezza.
O forse sta camminando
ecco il piede che avanza.
Oh i tuoi piedi che mi son cari
che mi camminano sull’anima
che illuminano i miei giorni bui!
A che pensa?
A me? o forse… chissà
ai fagioli che non si cuociono.
O forse si domanda
perché tanti sono infelici
sulla terra.
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?