Mauro Maconi è morto all’età di 43 anni, nel 2001. Uno dei tanti mali che hanno nome, descrizione, cause e riverberi senza (spesso, come questo) soluzioni, lo ha ucciso. Di lui ci restano un primo libro (“La materia dell’amore”), poesie inedite dell’adolescenza (racchiuse nell'opera omnia "L'indifferenza del tempo") e un secondo manoscritto lasciato a metà. Il poemetto si sarebbe dovuto intitolare “Il commesso”. Frammenti di poesie e pensieri molto delicati e colorati di un linguaggio fermo, popolare, introverso. C’è emozione e fugacità di un primordiale rintocco di campana che ci sveglia all’unisono per ricordarci che siamo qui: banali ed eterni; rinchiusi in celle di ossa e pelle, ma anche parte armonica di una natura identica per tutti. “Il commesso” è una storia comune, sentimenti labili e quotidianità banale ma necessaria e dura, inossidabile. Per dirla a parole di una suo verso: “Il caso lo elegge custode, / ma non fa niente per essere migliore, / sa che la vita è questa, si muove come tutti / in un progetto non suo, alieno.”
La poesia che vi leggo è composta da versi ripresi dal poeta Vittorio Sereni (Vieni, vienimi contro la vita, spandi nomi incarnati, / il buio che inseguo delle voci spente, / e i fiori, le piante, le cose regalate e vive, / o quello che torna o svanisce o da qualche parte rubo. / Vienimi contro, / con gli occhi che cercano.). Non c’è nulla di scontato. Anzi, la fantasia regala visioni cariche di case diroccate e angosce terrene che puzzano di malcelata sicurezza. Un nome che ci identifica e ci sconvolge.
.Lingueglietta.
Mauro Maconi
dall'Almanacco dello Specchio 2006, Mondadori
Ogni cosa precipita in un nome,
ma da questo sfugge la vita in descritta
un rotolo di tempo sgraziato e incongruo.
E di nuovo su questa salita di sudore
ti vedo come tutto da dietro, da un lato,
ingombra di carni e fatti impossibili.
*
Nelle facce dei gemelli,
con le biciclette e i capelli uguali,
il bastone ritmico della signora,
i capelli tinti, l’erre moscia del bancario
o la pazienza di un padre incalzante…
vieni, vienimi contro la vita, spandi nomi incarnati,
il buio che inseguo delle voci spente,
e i fiori, le piante, le cose regalate e vive,
o quello che torna o svanisce o da qualche parte rubo.
Vienimi contro,
con gli occhi che cercano,
le mani forti, una donna che cade,
qualcuno si informa, pretende,
e non so, non so mai, nemmeno girandomi,
nemmeno guardando dentro, affondando,
non so mai, mai, risponderti come si deve.
*
Dalla scrivania, guardo fuori
e sul balcone vedo un figlio
che ama sua madre. Le tiene una mano,
guardano i gatti e un piccione che ha un destino.
Sappiamo cosa accadrà, il caffè
bolle sul fuoco, stanno per entrare,
hanno perso qualcuno ed è ancora presto per ridere.
La scala del palazzo è buia, lei
non scenderà, lo saluta sulla porta,
chiamandolo per nome.
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