Mi distanzio dalla prefazione del
libro: qui la terza persona è povera, poco sonora: qui vige un’integrale “Io”,
che racconta storie e si alimenta di ricordi. Quest’ultima parola è l’essenza
dell’intera opera scritta da Luca Artioli (“Suture”, Fara Editore), sia quando
racconta di una Lei, sia quando si sofferma su luoghi, oggetti, città. E’
azzardato anche accostarlo alla poesia Beat (come anche lui, scherzosamente, si
auto-definisce). Mi concentrerei più sulla poesia di Kruger o quella francese di
Rouzeau, dove la struttura è essenziale e concisa, ma estremamente descrittiva
e narrante. Nelle poesie di Luca riscontro una lampante assenza di retorica e
ridondanti metafore. Tutto è quadrato, posizionato, levigato con immagini
corporali seghettate. Tema: amore che si snoda verso una Lei vissuta o solo
sfiorata. Per la scultura anoressica del linguaggio, Luca si accosta molto
alla poetica di Milo De Angelis o a un’iniziale Cucchi o Bertolucci (anche come
sostanza e modo di condurre il discorso lirico).
Precedentemente ho utilizzato il
termine “corporale” per descrivere la composizione (sensazione che scaturisce)
delle poesie comprese nel libretto. Questo perché sono utilizzate tre parole
chiavi che si ripetono in quasi tutti i componimenti. Oltre la parola
“silenzio”, dalla quale mi stacco perché è mera conseguenza di azioni e mai
fattore scatenante, i tre termini che reggono e conducono il gioco sono: mani,
occhi, sorriso. Queste fanno scaturire quel
profondo silenzio che si ascolta nei versi e, rispettivamente, stanno per:
MANI:
carezze/riconciliazione/azione muta e arrendevole
OCCHI: parola/ linguaggio che
conduce al silenzio(o col quale si esprime)
SORRISO: legame onnipresente.
Dall’amore si passa al “luogo”,
alla descrizione dell’esterno, per andare verso la sezione successiva che
sfiora l’astrazione (grammaticale), per concludere con l’ultima parte “I tre
giorni” che si emancipa completamente dal resto del libro. E’ un qualcosa in
“più” ma –secondo me- inappropriata e poco riuscita. Le poesie, il modo di
costruirle e narrarle, non reggono la forza e la forma onirica del tema
trattato. La passione religiosa/cristiana, il misticismo, la fede, viene
espressa con formale linguaggio come la descrizione di una vicenda poco chiara
ascoltata da un qualcuno poco chiaro. Molto lontano dalle interpretazioni
fatte, ad esempio, dalla Merini o dal Luzi.
Chiudo con questi versi presenti nella silloge che mi piace
assoggettare un po’ al tutto, al generale: “Accadde
come fosse necessario.”
.Nell’Addio.
(Luca Artioli)
Per la creatura del vento e dell’autunno
asfalto senza precipizio, parole scomode,
peso
di spine
perché partiva come se non avesse mai
lasciato,
nell’addio della foglia o nel polso insaccato
della manica, partiva
senza curarsi troppo del gesto,
rapido fendente sulla gola
in periferia, oltre le luci, stanotte.
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