sabato 11 giugno 2011

BARCALORA di Pablo Neruda (27/05/2011)


"BARCALORA"
Pablo Neruda

da Residenze sulla terra
(Passigli Editori) a cura di Giuseppe Bellini


Se solamente mi toccassi il cuore,
se solamente mettessi la tua bocca sul mio cuore,
la tua bocca sottile, i tuoi denti,
se mettessi la tua lingua come una freccia rossa
lì dove il mio cuore polveroso batte,
se soffiassi nel mio cuore, presso il mare, che piange,
risuonerebbe con un rumore scuro, un suono di ruote di treno in sogno,
come acque vacillanti,
come l'autunno sulle foglie,
come sangue,
con un rumore di fiamme umide che bruciano il cielo,
suonando come sogni o rami o piogge
o sirene di porto triste,
se tu soffiassi nel mio cuore presso al mare,
come un fantasma bianco,
sull'orlo della schiuma,
in mezzo al vento,
come un fantasma scatenato, sulla riva del mare, che piange.

Come assenza distesa, come campana improvvisa,
il mare diffonde il suono del cuore
piangendo, annottando su una costa sola:
la notte cade indubbiamente,
e il suo lugubre azzurro di stendardo in naufragio
si popola di pianeti d'argento arrochito.

E il cuore suona come una conchiglia aspra,
chiama, oh mare, oh lamento, oh diffuso spavento
sparso in disgrazie e in onde sconvolte:
dal sonoro il mare accusa
le sue ombre riverse, i suoi papaveri verdi.

Se tu esistessi d'improvviso , su una costa lugubre,
circondata dal giorno morto,
dinanzi a una nuova notte,
colma di onde,
e soffiassi nel mio cuore freddo di paura,
se soffiassi nel sangue solo del mio cuore,
se soffiassi nel suo movimento di colomba in fiamme,
risuonerebbero le sue nere sillabe di sangue,
crescerebbero le incessanti acque rosse,
e suonerebbe, suonerebbe  d'ombre,
suonerebbe come la morte,
chiamerebbe come un tubo pieno di vento o di pianto,
o una bottiglia che gorgogli spavento.

Così i lampi coprirebbero le tue trecce
e la pioggia entrerebbe dai tuoi occhi aperti
a preparare il pianto che sordamente rinserri,
e le ali nere del mare girerebbero intorno
a te, con grandi artigli e gracidii e voli.

Vuoi essere il fantasma che soffia, solitario,
presso il mare il suo sterile, triste strumento?
Se solamente chiamassi,
il suo suono prolungato, il fischio malefico,
l'ordine di onde ferite,
forse qualcuno verrebbe,
qualcuno verrebbe,
dalle vette delle isole, dal fondo rosso del mare,
qualcuno verrebbe, qualcuno verrebbe.
Qualcuno verrebbe, soffia con furia,
che suoni come sirena di nave spezzata,
come lamento,
come un nitrito tra la schiuma e il sangue,
come un'acqua feroce che si morde e suona.

Nella stagione marina
la sua conchiglia d'ombra circola come un grido,
gli uccelli del mare la disprezzano e fuggono,
le sue righe di suono, le sue lugubri sbarre
si alzano sulle rive dell'oceano solo.

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