Fresco quest’ultimo lavoro di Wislawa. Ancor più delicate le
immagini e la melodia fraseologica. Fluidità morale ed essenzialità. Una
complicità intima e sociale con noi lettori. Nelle poche poesie che compongono il
libricino (“Basta così”, pubblicato da Adelphi), incompiuto e postumo, si assapora
l’aria mondiale del caso e della fragilità umana in brevi e lampanti liriche,
spesso come massime in salsa umoristica.
Toni leggeri, metafore ontologiche, esempi di drammaticità
globale e quotidiane riesumati in frasi comiche e fanciullesche. Ci sono storie
attuali, si sente la durezza e secchezza del periodo corrente.
La realtà del presente ha il volto di una tecnologia che si
confessa, nella poesia “Le confessioni
della macchina che sa leggere”, dicendo: “Non so ancora, ad esempio,
spiegare esattamente / gli stati definiti <<sentimenti>>”. Parole
che neppure i più giovani riescono ad evocare (poeti e non). C’è il popolo:
“Non menzionato / non spettacolare / Lavora alla raccolta dei rifiuti”. Oggetti,
vegetariani, incontri all’aeroporto. E potresti starci giorni a cullarti di
quelle immagini che evocano queste poesie. Tutte le sue poesie, possiamo dire.
Mi è piaciuta molto l’idea di inserire i dattiloscritti di
Wislawa a metà libro (prima del commento finale del suo editore). Mi sono
riconosciuto in quei fogli scarabocchiati, disordinati, con note e
cancellature. Questo non è un problema, come vogliono farti crede: questa è la Poesia.
.La mappa.
(Wislawa
Szymborska)
Piatta come il tavolo
sul quale è posata.
Sotto – nulla si muove,
né cerca uno sbocco.
Sopra – il mio fiato umano
non crea vortici d’aria
e lascia tranquilla
la sua intera superficie.
Bassopiani e vallate sono sempre verdi,
altopiani e montagne sono gialli e marrone,
oceani e mari – di un azzurro amico
sui margini sdruciti.
Qui tutto è piccolo, vicino, alla portata.
Con la punta dell’unghia posso schiacciare i vulcani,
accarezzare i poli senza guanti grossi,
posso con un’occhiata
abbracciare ogni deserto
insieme al fiume che sta lì accanto.
Segnalano le selve alcuni alberelli
tra i quali è ben difficile smarrirsi.
A est e ovest, sopra e sotto
l’equatore, un assoluto
silenzio sparso come semi,
ma in ogni seme nero
la gente vive.
Forse comuni e improvvise rovine
sono assenti in questo quadro.
I confini si intravedono appena,
quasi esitanti – esserci o non esserci?
Amo le mappe perché dicono bugie.
Perché sbarrano il passo a verità aggressive.
Perché con indulgenza e buon umore
sul tavolo mi dispongono un mondo
che non è di questo mondo.
io trovo un magnifico traghettatore: "Pietro Marchesani e la cultura polacca", a cura di Laura Novati, All'Insegna del Pesce d'Oro, 2012. Sinceramente si sente che la traduzione di questo ultimo libro di Wislawa Szymborska è molto diverso dalle precedenti traduzioni di Pietro Marchesani. Il libro pubblicato da All'Insegna del Pesce d'Oro lo scorso marzo è in vendita a 12 euro. Se volete notizie su come riceverlo scrivetemi pure.
RispondiElimina